mercoledì 14 maggio 2008

Rassegna stampa/ Se la mamma è senza aiuto

di Miriam Mafai (pubblicato su Repubblica)

In Germania una coppia con due figli e un reddito annuo di 25.000 euro ne versa al fisco 52.



In Italia una coppia con due figli e con lo stesso reddito, ne versa al fisco 1.700. In Francia il 40% dei bambini trova posto in un asilo nido, in Italia il 6%. Bastano forse queste due cifre per spiegare perché l’Italia ha, in Europa il più basso tasso di natalità: a Napoli nascono meno bambini per donna che a Stoccolma, a Roma meno bambini che a Parigi. Bastano queste cifre per sostenere con forza e convinzione l’accorato appello del nostro Presidente della Repubblica che, con la lettera pubblicata domenica sul nostro giornale, ha chiesto al nuovo Parlamento di «affrontare le politiche rivolte alla famiglia, con misure volte ad elevare il tasso di occupazione femminile, a conciliare la vita familiare e la vita lavorativa, a sviluppare azioni di assistenza sul territorio, a favorire una complessiva crescita del sistema nazionale dei servizi socio-educativi per l’infanzia...».



E’ una lettera importante che segnala, per la prima volta a nostra conoscenza e con tutta l’autorità del suo autore, un problema che ha assunto, nel corso degli anni, una rilevanza sempre maggiore e ormai drammatica. Siamo l’unico paese ormai in Europa che manca di una organica politica a favore delle famiglie. È possibile che su questo tema ci sia stato un sospetto o un ritardo da parte della sinistra memore delle politiche «nataliste» del fascismo. Ma è per lo meno singolare che una politica organica a difesa delle famiglie non sia stata pensata e promossa nemmeno dalla Dc, che pure ha governato per oltre un cinquantennio il nostro paese. Quasi avesse prevalso, in quel partito, l’idea, o meglio la preoccupazione, che politiche di sostegno alla famiglia potessero liberare le donne dal loro tradizionale ruolo materno, incoraggiandole a uscire di casa per cercare soddisfazione e autonomia. Questo obiettivo, se tale era nella intenzione dei governanti de, è stato almeno in parte raggiunto: la maggioranza delle donne italiane si qualificano infatti ancora oggi come "casalinghe". Sono soltanto 46 su 100 le donne italiane che hanno un’attività extradomestica contro il 71% in Svezia e il 57% in Francia.



Siamo dunque in Europa il paese in cui le donne sono meno presenti sul mercato del lavoro ma, contrariamente alle attese ed alle previsioni, le donne che restano a casa sono anche quelle che fanno meno figli. «Donne a casa e culle vuote» così Maurizio Ferrera, uno studioso del nostro welfare e delle politiche del lavoro, definiva recentemente la condizione del nostro paese. Una condizione paradossale anche perché tutti i sondaggi ci dicono che le coppie italiane vorrebbero avere almeno due figli. E perché tutti i dati ci dicono che nei paesi che hanno adottato adeguate politiche familiari le donne non solo fanno più figli, ma sono anche più presenti sul mercato del lavoro. Politiche familiari significa dunque aiuti alle famiglie, unite o meno in matrimonio, da realizzarsi sia attraverso una revisione delle attuali politiche fiscali sia attraverso una politica edilizia, sia attraverso un potenziamento dei servizi per la prima infanzia e per gli anziani e non autosufficienti.



In tema di servizi per la prima infanzia, il Consiglio d’Europa, nel 2002, ha fissato un obiettivo ambizioso: assicurare entro il 2010 un posto in asilo nido ad almeno un bambino europeo su tre. Noi siamo lontanissimi da quell’obiettivo che è stato già raggiunto non solo da tutti i paesi nordici ma anche da Francia, Gran Bretagna, Olanda e Belgio. In tema di assistenza a favore dei più anziani o non autosufficienti sono all’avanguardia, in Europa, la Germania e la Spagna che nel 2006 ha varato, soprattutto grazie all’impegno delle donne ministro, la Ley de dependencia che ha istituito un vero e proprio sistema nazionale, gratuito e garantito, per l’assistenza ai non autosufficienti.



Servizi per la prima infanzia e per i non autosufficienti rappresentano gli assi centrali delle politiche familiari indicate come necessarie dal nostro Presidente della Repubblica. Sono servizi che tutti i paesi europei stanno realizzando, anche per favorire nuova occupazione femminile. Dicevamo all’inizio che in Germania una coppia con due figli e un reddito annuo di 25.000 euro versa al fisco solo 52 euro, contro i 1.700 euro versati al fisco da una analoga famiglia italiana. Una differenza non da poco, grazie al fatto che in Germania, come in Francia e in altri paesi europei vige il meccanismo del cosiddetto «quoziente familiare», un sistema cioè di tassazione del reddito familiare che tiene conto del numero dei componenti della famiglia. La norma è già stata proposta, almeno un paio di volte, in Italia ma sempre senza successo: una prima volta alla fine degli anni 80, e una seconda volta l’anno passato. Non sono pochi tuttavia gli studiosi che criticano un sistema che, sostengono, costerebbe troppo alle nostre finanze e, alla fine favorirebbe le famiglie con i redditi medio-alti ed alti. Poiché la proposta del «quoziente familiare» fa parte del programma del PdL, non mancherà l’occasione di discuterne in modo approfondito se e quando la proposta giungerà in Parlamento. Fin d’ora tuttavia credo sia possibile dire che nuove politiche familiari dovranno necessariamente comportare anche una revisione del nostro sistema fiscale.

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