sabato 22 dicembre 2007

Percorsi di pace oltre i muri che crollano

di Claudia Clerici, da Milano

21/12/2007 ore 00.00: la zona Schengen si allarga a 24 Paesi, permettendo la libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea anche in Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Slovenia e Malta.

Indubbiamente si tratta di un “fatto storico”, essendosi aperta quella che un tempo tracciava la frontiera della Guerra Fredda, ma ritengo sia necessario andare oltre le cerimonie di facciata.

Gli studi sulla globalizzazione sottolineano, infatti, come uno dei rischi insiti in questo fenomeno complesso e multidimesionale sia la chiusura in un’identità immutabile, che rischia di far perdere la relazionalità con i propri simili a vantaggio della sola sopravvivenza fisica e di una sicurezza per sé… e non si tratta di enunciazioni teoriche, poiché la cronaca dà spesso amare testimonianze di razzismo.

Il crollo delle frontiere non elimina, quindi, il problema della sicurezza, ma il fatto che richiami una certa attenzione mediatica è utile per aiutare a inquadrarlo non solo in termini militari e strategici, cogliendo come si tratti soprattutto di una questione antropologica di percezione di se stessi e del diverso. Ciò dovrebbe permettere di riscoprire identità e relazionalità come caratteristiche fondanti del proprio essere nel mondo, che chiede sempre più che ogni persona riconosca il suo essere un cittadino globale tra le molte identità che si è chiamati a vivere.

Reali itinerari di convivenza non potranno derivare solo da nuove conquiste del diritto internazionale e dell’organizzazione politica, ma chiameranno necessariamente in causa ogni individuo come cittadino responsabile e consapevole dell’imprescindibilità di far propria la differenza di cui l’altro è portatore. Per questo è fondamentale educare le nuove generazioni a prendere personalmente parte ai processi di cambiamento e a esprimere fiducia in tutte quelle azioni comuni che sanno trascendere le barriere confessionali e le frontiere geografiche. L’alterità, infatti, non è qualcosa di definibile a partire dall’appartenenza etnica o culturale, ma abbraccia ogni persona e necessita di un lungo percorso che permetta di scoprire nel dialogo lo strumento principale per diffondere una nuova cultura di pace attiva e operante a partire dalla vita quotidiana.

Per chi volesse approfondire:

Bauman Z., Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone, Bari, Editori Laterza, 2002.

Centro Psicopedagogico per la Pace e la Gestione dei Conflitti, Io non vinco. Tu non perdi. Un kit per promuovere l’educazione alla pace e la gestione dei conflitti tra i ragazzi, Roma, Comitato Italiano per l’UNICEF Onlus, 2004.

Dal Lago A., Non persone: l’esclusione dei migranti in una società globale, Milano, Feltrinelli, 1998.

http://web.tiscali.it/edupax/teorie/dirittodiffe_ins.htm

http://peaceed.org/what/whatbr.htm

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