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venerdì 4 aprile 2008

Londra: una metropoli dinamica e la sua diversità normale

di Simona Voglino




Sarà anche vero che siamo tutti uguali, che viviamo sotto lo stesso cielo e respiriamo la stessa aria, ma quando da Milano ti proietti in una vera, grande metropoli con la sua maniacale efficienza e la sua coloratissima multietnicità, realizzi improvvisamente che il nostro italianissimo conservatorismo ideologico ci esclude, quanto meno parzialmente, da quella visione globale che caratterizza questo mondo nel suo inarrestabile divenire.

L’esempio più calzante mi arriva tutte le sante mattine quando verso le otto e mezza prendo la metro.
Grandi stazioni perfettamente organizzate affollate dal delirio di un’umanità frenetica, che inizia una nuova giornata. E’ il vero e proprio esodo di una massa eterogenea e compatta che corre verso la propria vita quotidiana.
Appena entri in una stazione della metropolitana londinese ti si apre un mondo a sé, fatto di migliaia e migliaia di persone, rumori, scritte e scale mobili e la cosa davvero impressionante è che anche dentro a questo universo caotico la sensazione è sempre quella che a controllare questo velocissimo movimento di voci e passi vi sia un ordine intrinseco.
Le scale mobili, lunghe e veloci affollate di gente. Chi si lascia trasportare dal loro movimento è pregato di sistemarsi sulla destra per lasciare libero il passaggio alla frenesia dei ritardi di chi le percorre più velocemente, in salita o in discesa poco importa. Tutto è governato da regole che ognuno rispetta come se non lo fossero nemmeno.
In cima a molte di queste scale talentuosi suonatori dei più svariati strumenti, si esibiscono davanti ad un fiume di gente, in piena e mai stanco di scorrere che passa al suono di quelle note che danno un sapore ritmato alla giornata che sta iniziando.
(Cartelli pubblicitari si susseguono, accompagnati da luci, suoni e odori.)



Ogni due minuti (al massimo) arriva il tuo treno. Veloce ed efficiente anche lui, rigoroso ed educato come i suoi innumerevoli passeggeri quotidiani. E appena sali sul tuo vagone, dopo aver lasciato scendere con diligenza naturale gli altri passeggeri, ecco un altro mondo davanti ai tuoi occhi.
Decine e decine di sguardi: vispi, cauti, timidi, indifferenti, assonnati o attenti incrociano il tuo. Decine e decine di giacche, scarpe e borse. Tantissime nazionalità e differenti colori di pelle che si mischiano e si sfiorano con indifferenza normale.
Oriente e Occidente respirano la stessa condensa, a volte quasi soffocante.

Burqa e minigonne si mescolano nell’indifferenza della folla.
Il manager, la cameriera e lo studente.
Chi ascolta la musica col suo pratico mp3, chi legge il Financial Times, chi un libro o più semplicemente “metro” il free-press del mattino. E’ davvero il trionfo della diversità normale, così normale da farti davvero sentire uno e fra tanti.

Così normale da farti capire che forse i non-normali siamo noi, così attenti a considerare tutto ciò che è diverso.

martedì 19 febbraio 2008

Donne: siamo così...dolcemente complicate

di Simona Voglino

Gli uomini sono davvero entità elementari se ci pensate.
Sesso, calcio, amici ed ecco che la vita prende a sorridergli e loro sorridono di gran gusto a lei.
Ma state tranquilli perché non sarà questo il luogo di un’invettiva femminista contro il “sesso forte”.
Vi propongo semplicemente un piccolo e obiettivo resoconto di come vadano realmente le cose da quando il mondo è mondo. E cioè da quando Uomo e Donna si attraggono.

Siamo abituati così: ci si nota, ci si piace.
Poi secondo il nuovo trend delle pari opportunità e della assoluta parità dei sessi, spesso è lei a cercare il contatto. Quando va bene alla cena segue il dopo e magari un dopo ancora, fino a che arriva la tanto auspicata frequentazione.
A lei brillano gli occhi, è sempre sorridente (e lo è con tutti!). Arriva il periodo in cui anche chi hai sempre detestato inizia magicamente a svelarti tutte quelle doti che tu stupidamente avevi fino a quel momento ignorato, data la tua incompletezza e acidità, frutto di singletudine o peggio ancora di forti delusioni.
La vita le sorride ed è finalmente ampiamente corrisposta!
Ed eccoci al nodo centrale della questione: quante volte vi è capitato di sentire lei dire a lui “amore oggi mi sono organizzata per conto mio” e quante invece avete sentito uscire le medesime parole dalla bocca di lui??
Ma ci fate mai caso alla percentuale di donne che si adattano ad un uomo pur di stargli accanto?? Ecco che ti ritrovi ad uscire con gli amici di lui, farci cene, vacanze e le fidanzate dei rispettivi diventano magicamente le tue più care amiche di circostanza ( sono sulla stessa barca.. tanto vale remare insieme!).
E’ questa la cosa più divertente di tutto l’affare: devi seguirlo se vuoi averlo.
E parliamoci chiaro tutte le belle cose delle quali si sente dibattere oggi a proposito dell’indipendenza femminile (non mi riferisco più di tanto a quella economica) sono, concedetemelo, grandissime puttanate!

Eccovi la scena tipo: Lei prende appuntamento con delle amiche per un aperitivo.
La fanciulla speranzosa fa di tutto affinché l’incontro avvenga in una zona a lui comoda, nell’eventualità in cui il principe azzurro decidesse di contattarla post- ufficio, così che le possibilità di incontro aumenterebbero assai.
Nel qual caso lui proprio non dovesse chiamarla, lei decide di tirare il più tardi possibile
in attesa che l’amato si faccia finalmente vivo (lei non chiama per non stargli addosso e lasciargli i suoi sacrosanti spazi).
In tutto questo la ragazza speranzosa custodisce gelosamente una sobria sacca contenente un cambio ( per l’eventualità in cui, se proprio le va di culo, la inviti a passare la notte da lui).
Il bello viene quando, dopo tre ore in cui la fanciulla innervosita dalla latitanza tanto esorcizzata dell’ometto in questione, riceve finalmente la chiamata. Con quest’ultima ecco la tanto attesa proposta di vedersi alla quale lei con assoluta nonchalance risponde facendogli credere di essere proprio e giusto dietro casa sua.
Il melodramma è se la telefonata non arriva. Allora l’orgoglio femminile ch’entro ti rugge ti violenta per non scrivergli nulla (sempre per non soffocare la sua indipendenza) e ti monta un’incazzatura che in cuor tuo sai già che la notte placherà, per ridarti nuovo vigore di sentimento all’apertura delle palpebre il mattino seguente.
In conclusione: se vi siete ritrovate in questo quadretto di vita comune, posso porvi una domanda??
Se aveste la lampada e il genio, quello blu e bello pasciuto della Walt Disney vi regalasse tre desideri, uno non potrebbe essere quello di materializzarvi uomo per un giorno??
Forse ci capiremmo qualcosa di più.

sabato 9 febbraio 2008

Quando si dice "L'abito non fa il monaco"


di Simona Voglino



Scorrendo velocemente gli occhi sui titoli di prima pagina del Corriere Milano, la mia attenzione è stata attratta da un titolo curioso. Di fondo ma davvero ghiotto.
L’occhiello dell’articolo titolava: “ Il figlio del proprietario del Plastic in clausura a Chartreuse”. E poi ancora: “ Addio notti brave, rinasco in convento”.
Il Plastic è, per chi vive Milano e a Milano, una delle discoteche più peculiari e trasgressive della città.
Una sorta di Studio 54 dei giorni nostri, dove la fila per entrare è rigorosa (e non è detto che tu riesca nel tuo intento) e la parola d’ordine è: distinguersi per attirare l’attenzione. Non importa come, ciò che interessa è che tu riesca a risultare “diverso” a tal punto da piacere a chi con regolare lunaticità seleziona chi può entrare e prendere parte alla festa!
E’ divenuto ormai un cult “Il Plastic” per chi ama divertirsi fino al mattino. Non ha eguali nel suo genere e qualsiasi tipo di concorrenza risulterebbe inutile.
E fin qui nulla di particolarmente strano.
Peccato che, a rigor di logica, nessuno si sognerebbe mai di ipotizzare che il figlio del proprietario del posto fin qui decantato, abbia deciso proprio in questi giorni di prendere i voti e farsi monaco di clausura. E non in un monastero qualunque ma A La Grande Chartreuse, proprio quello del recente film “Il grande silenzio” di Gronig, uno di quelli in cui come spiega il padre del giovane, Lucio Nisi, vige la regola del silenzio ed è contemplata una comunicazione singola e settimanale.
Dopo una vita di divertimento (quasi scontato vista la parentela) fatta di amici, donne, trasgressioni e musica, Tommaso Nisi all’età di 34 anni ha comunicato al padre la sua scelta: farsi monaco di clausura.
E nonostante Tommaso avesse da sempre dimostrato un interesse spiccato per la chiesa ( aveva frequentato la facoltà di Lettere con indirizzo in Diritto Canonico presso l’ Università Cattolica di Milano) rimane possibile, a questo punto immaginare lo stupore della famiglia dinnanzi a cotanta inaspettata e imprevedibile scelta!
Ha rinunciato a una vita per cui tanti pagherebbero, i soldi, la musica (quella alta) e le donne le ha lasciate a qualcun altro. Ha fatto saccoccia e forse stufo di tanto, troppo, divertimento ha salutato tutti e si è ritirato ( nel vero senso della parola) nel famoso monastero vicino a Grenoble. Una scelta tanto particolare da attirare addirittura l’attenzione del Papa.

Una scelta sigolare e coraggiosa la sua, sicuramente degna di riflessione in un mondo tacciato di superficialità giovanile dilagante e dedita all’eccesso.
Una decisione strana, quanto sorprendente, che ci regala oggi un concreto spunto di riflessione per questo mondo straripante di paradossi che, a quanto pare, non finisce mai di stupirci.