giovedì 11 giugno 2009
Open Roads. Italiani in visita.
mercoledì 6 maggio 2009
And the winners are....
venerdì 1 maggio 2009
E le ragazze si fanno trovare pronte...!
martedì 28 aprile 2009
The boys are coming!!!
venerdì 24 aprile 2009
Dal Tribeca. Partenze, esplosioni e anche un po' di sport...
mercoledì 22 aprile 2009
Alla corte di Bob, Jane, Uma e Spike.
Carissimi lettori Rosa Shokking,
eccoci di nuovo ad aprile, di nuovo a New York, quindi di nuovo al Tribeca Film Festival! Il festival aprirà le porte questa sera, 22 aprile, con la anteprima assoluta del nuovo film di Woody Allen “Whatever Works”, che il regista ha girato a New York dopo 5 anni di assenza dalla città che ha immortalato in tante indimenticabili pellicole. Woody Allen ha scelto questo festival perché e’ un evento nato non solo per dare risalto alla scena cinematografica newyorchese, ma anche per ridare coraggio e speranza agli abitanti del quartiere di Manhattan piu’ colpito dagli eventi dell’11 settembre.
E' stato un gruppo di celebri affezionati newyorkesi a presentare stamattina il programma in una conferenza stampa. Erano presenti i fondatori del festiva Robert DeNiro e Jane Rosenthal, il regista Spike Lee che ha portato due opere, un documentario sul cestista Kobe Bryant “Kobe doin’ work” e le riprese dello spettacolo musicale “Passing Strange”, e l’altissima Uma Thurman che sarà il presidente di giuria dei film di narrativa.I film in concorso, come da tradizione, sono 12 di narrativa e 12 documentari e in totale saranno presentati 85 lungometraggi e 46 corti di cui 37 opere prime. I film provengono da 36 paresi diversi e l’Italia quest’anno sara’ rappresentata dalla giovane regista Stella di Tocco che partecipa con il cortometraggio Sunspots: in bocca al lupo Stella!!
Le domande alla conferenza stampa si sono concentrate sulla connessione tra la crisi economica e l'evidente diminuzione di opere proiettate (l’anno scorso erano piu’ di 120). Jane Rosenthal ha voluto sottolineare che hanno preferito avere un programma piu’ snello e selezionato però hanno aumentato gli eventi gratuiti. In piu’ ha notato che sono già stati venduti moltissimi biglietti perché evidentemente in un periodo di crisi economica come questa le persone hanno bisogno di svago e divertimento e loro hanno intenzione di darglielo.
Una nota di colore: Uma Thurman ha risposto con grazia ed intelligenza alle domande che le hanno posto in qualità di presidente di giuria confessando di essere da sempre una appassionata di film stranieri e di non avere nessuna particolare linea guida da seguire nella scelta dei film piu’ belli, saranno quelli che la faranno sognare. Robert De Niro invece ,mi spiace metterlo nero su bianco, non solo aveva difficoltà a leggere il foglietto che gli avevano preparato, ma non ho saputo mai metter piu’ di due parole in fila per rispondere alle domande cercando sempre di passare la parola…ed un tempo incalzava tutti con “Are you talkin’ to me?”…
Ok, ora che mi sono tolta la parte noiosa ed introduttiva della mia avventura, vi invito a tornare prestissimo per tutti i film, le conferenze, gli incontri e le feste del Tribeca….che duro lavoro!!!
martedì 24 marzo 2009
Donne e Cinema
Da Torino e Hollywood per arrivare a Bollywood
27 marzo 2009 ore 18,00
Palazzo Isimbardi – Sala Affreschi
Via Vivaio 1 – Milano
Pose, abiti, storie e trasgressioni di dive e "donne fatali" hanno avuto, cento anni fa, un'influenza decisiva sull'emancipazione femminile di massa?
Sembrerebbe di sì. Qualcuno la definisce “l’altra ribellione femminile”.
Quella che ha cambiato mode e costumi e perfino atteggiamenti culturali, rompendo tabù, sconvolgendo abitudini, dando scandalo. Soprattutto scavalcando i limiti da sempre imposti alle donne.
Le prime dive del cinema muto hanno instillato nell'immaginario di uomini e donne un archetipo femminile forte, indomito, capace di rivendicare per sé la conquista di una felicità e di una realizzazione non subordinate a quelle dei maschi.
Ma se a Torino e Hollywood queste figure femminili hanno rivoluzionato la società patriarcale in Occidente, quale influenza avrà Bollywood nelle culture degli altri Paesi ?
Introduce:
· Arianna Censi, consigliera delegata alle Politiche di genere - Provincia di Milano
Intervengono:
· Valeria Palumbo, autrice di Le figlie di Lilith e caporedattore centrale de L’Europeo
· Luca Malavasi, critico cinematografico
· Stella Dagna, dottoranda in Storia delle arti figurative e dello spettacolo - Università di Pisa
mercoledì 4 marzo 2009
4 di Marzo: ricordando il compleanno di Miriam Makeba grazie a Tsidii Le Loka.
di Elena Maria Manzini da New York
Cari lettori Rosa Shokking,
qui a NY si fanno degli incontri strani, divertenti, interessanti, a volte inquietanti e' vero, ma a volte veramente entusiasmanti. Grazie a Cristiana, una grande esperta e appassionata di musica, ho avuto la fortuna di incontrare Tsidii Le Loka una cantante nata in Lesoto, cresciuta artisticamente in Sud Africa e trasferitasi negli Stati Uniti agli inizi degli anni ’90 dove, dopo la laurea all'Universtita' del Massachussets, e' stata subito chiamata per interpretare il ruolo di Rafiki nel musical “The Lion King” diretto da Julie Taymor. Tsidii non era comunque nuova a palcoscenici di altissimi livelli, infatti prima di trasferirsi negli Stati Uniti era stata scelta giovanissima dalla meravigliosa artista sudafricana Miriam Makeba, recentemente scomparsa proprio in Italia, per fare parte del primo concerto che ha tenuto in Sud Africa dopo 30 anni di esilio e la successiva tourne’.
Il 4 di marzo cade il compleanno di Miriam Makeba e Tsidii, insieme ad altri artisti di fama mondiale, e’ stata invitata dalla famiglia della famosa cantante africana a partecipare al concerto tenutosi in suo onore in Sud Africa. La canzone di Miriam Makeba, scelta da Tsidii, per lo spettacolo e’ una bellissima ballata intitolata “Ask the rising sun”, che ho trovato su youtube cantata da una Makeba appena trentenne.
Per stuzzicarvi a leggere l’intervista nella quale Tsidii racconta la sua strabiliante carriera artistica, la sua visione della vita e del ruolo delle donne (con molte tette) nell’arte, che sara’ pubblicata il prima possible sulla nostra rivista vi propongo un assaggio di quello che mi ha raccontato...
"La famiglia mi Miriam Makeba mi ha invitato a scegliere una canzone e mandare un video per la celebrazione del compleanno, molti altri artisti si esibiranno sul palco e le canzoni piu' famose erano state scelte. Non mi sono preoccupata perche' esendo la persona che sono preferisco le cose piu' inusuali che mi rendono diversa dagli altri per questo ho deciso di reintepretare questa vecchia ballata. Penso che per celebrare qualcuno nel miglior modo possibile dobbiamo prima di tutto essere autentici e celebrarli usando la nostra voce, il loro lavoro l'hanno gia' fatto, non dobbiamo copiarlo, ma contemplarlo e lasciarci ispirare da esso. Questo e' stato il mio approccio per interpretare la canzone. Mi piacciono tantissimo le parole di "Ask the rising sun", e' una canzone serena e riflessiva, porta la persona in un luogo di contemplazione solitaria dove puo' cantare per se stessa, ma sa che la' fuori c'e' un mondo pieno di persone."
"Miriam Makeba family invited me to choose a song and send a video for the big celebration, a lot of other performers will be on stage and they will be performing Miriam's famous songs, but being the kind of person I am, I always go for the unusual thing that makes me different that is why I picked this old ballade. I think that to celebrate someone in the best way first of all we have to be authentic to what we are and celebrate them in our voice: they already have done their work, we just need to contemplate it and being inspired by it. That was my approach in performing this song. I really love the words and feel of "Ask the rising sun", it is a serene and reflecting song. Takes a preson into a place of contemplation where is lonely and can sing to himself, but also knows that there is a world of people out there. "
2) Sullo spettacolo che sta preparando per il 1 di maggio a New York.
"E' un modo per far si' che il pubblico conosca delle artiste che magari non hanno mai sentito nominare e scoprire una parte della nostra storia. Dico "nostra" perche' queste donne sono cittadine di tutto il mondo, il loro era un messaggio di speranza per un mondo migliore e lo hanno dimostrato anche con la loro incredibile partecipazione al movimento per i diritti civili. Non cantano solo l'esperienza Afro-Americana o Africana, cantano l'esperienza della razza umana. Possiamo avere culture differenti, pelli di colori diversi e capelli diversi, ma facciamo tutti parte della stessa razza altrimenti non potremmo procreare!! Non c'e' bisogno di mascherare la nostra bellezza e di avere vergogna di quello che siamo, non importa che pensano le altre persone, gli esseri umani sono bellissimi. Io non devo coprirmi di trucco o cambiare i miei capelli, a volte lo faccio perche' mi piace giocare, ma non ho bisogno di mascherarmi, noi siamo tutti bellissimi come siamo."
"It is a way to let the audience know artists they maybe never heard of and to discover a part of our history. I say "our" because these women where women of the world, their message was a hopeful message to a better day and they showed it in their incredible partecipation in civil rights movement and beyond. It is not only the African American experience or the African experience they sing, it is the experience of the human race, we have different cultures, we may have different skins and different hair, but we are all the same race otherwise we would not be able to procreate! There is no need to mask our own beauty or to be ashamed of it in any way, no matter what another person sees. A human being is beautiful. I don’t need to put on make up and change my hair, I just do it sometimes because I like to play and have fun, but I don’t need to mask myself, we are truly beautiful as we are."
lunedì 23 febbraio 2009
Il debutto di Jovanotti a New York
sabato 21 febbraio 2009
Siamo integri?
Il 21 febbraio l’UNESCO celebra in tutto il mondo la Giornata Internazionale della Lingua Madre, ricordando le oltre seimila lingue minoritarie a rischio di estinzione.
Ieri l’Associazione Pontes dei tunisini in Italia, sotto il patrocinio della Provincia di Milano e del Consolato Generale della Tunisia a Milano, ha proposto un pomeriggio di riflessione sul tema dell’“Importanza della lingua madre nel processo di integrazione”.
In un clima alquanto familiare si è discusso per l’intero pomeriggio su quanto la trasmissione della cultura e della lingua madre siano al centro del processo di integrazione, pena l’instaurarsi di difficoltà nello sviluppo cognitivo e affettivo. Grazie alla valorizzazione della lingua madre è infatti possibile creare continuità tra genitori e figli, tra i figli e il proprio gruppo d’origine, tra la famiglia e la scuola e infine tra i figli e la società.
Queste linee di principio sono state successivamente declinate nell’analisi di progetti sul campo che hanno testimoniato la validità di quanto enunciato a livello teorico, fino a giungere al paradigma che come individui singoli ci si deve sempre imporre di farsi capire. Se l’altro non riesce a comprendere, ci si deve sforzare di cambiare il paradigma comunicativo, assumendosi la propria parte di responsabilità per il non intendimento.
Si è ricordato che “Uscirne da soli è avarizia, insieme è intelligenza” e questa citazione di Don Milani attorno ad un tavolo interreligioso e plurilingue in qualche modo ha dato concretizzazione alle sue speranze.
Indubbiamente il lavoro è ancora lungo e molti sono i pregiudizi da abbattere, ma è bello ricordare i pensieri della Dott.ssa Gelmi che richiamava l’impegno di “addomesticarsi alle lingue”, come il Piccolo Principe con la volpe. Prima si sarà confusi da un cicaleccio poi, ponendo la debita attenzione, questo diventerà voce e alla fine parola.
“Integrazione” deriva da “integro”, giungendo ad “in/tangere”, al non toccare.
Ciò che non va toccato, va protetto.
L’integrazione passa quindi dall’intangibilità delle proprie origini culturali e linguistiche, non per chiudersi in se stessi, bensì per aprirsi a un rapporto paritetico e dialogico.
Per ulteriori informazioni:
Associazione Pontes dei tunisini a Milano
pontes@live.it
(verrà creato un fascicolo riassuntivo dell’incontro a disposizione dei genitori di alunni stranieri di tutte le provenienze e del personale docente di scuole primarie e secondarie di primo grado)
lunedì 9 febbraio 2009
A poche ore dalle elezioni in Israele. Un quadro della situazione.
Il 10 febbraio 2009 si svolgeranno le elezioni del 18° parlamento israeliano (Knesset). Contemporaneamente, in base ai risultati conseguiti dalle liste, verrà nominato dal Presidente Peres il primo ministro, che dovrebbe guidare il paese per i prossimi quattro anni. Il condizionale è d'obbligo se si considera che ultimamente la media con cui i cittadini israeliani sono stati chiamati alle urne è di circa una convocazione ogni due anni e mezzo. I principali contendenti per la carica di primo ministro sono tre. Il laburista Barak, già primo ministro dal 1999 al 2001, nonchè ministro della difesa durante la guerra in Libano del 2006 e l'Operazione Piombo Fuso a Gaza. Due insuccessi che riducono la sfida a un testa a testa tra gli altri due candidati: la ministra degli esteri (del partito Kadima) Tizpi Livni - mai stata primo ministro, ma ben inserita nell'establishment grazie ad un glorioso passato nell'intelligence israeliana -, e il nome tristemente noto di Bibi Netanyau, leader di Likud. Già Primo Ministro tra il1996 e il 1999, ma ancora più famoso per riforme economiche fatte come ministro delle finanze che hanno smantellato le garanzie sociali fondamentali.
A settembre l'attuale primo ministro Ehud Olmert, leader del partito di maggioranza Kadima, si è dimesso in seguito a scandali finanziari e di corruzione. Olmert, diventato segretario nel gennaio del 2006, in seguito al malore che aveva ridotto in coma il leader storico Ariel Sharon a pochi mesi dalle elezioni, era riuscito a portare il partito di centro alla vittoria elettorale, costituendo un'alleanza di governo con i Labor di Barak e il partito religioso dello Shas.
L'alleanza non ha tenuto quando, dopo le dimissioni di Olmert da segretario e da primo ministro a settembre, Kadima ha eletto come segretaria con le elezioni primarie Tizpi Livni, ministro degli esteri. E' diventato necessario ricorrere alle elezioni anticipate, convocate appunto per il 10 febbraio.
I membri della Knesset vengono nominati con un sistema elettorale proporzionale purissimo, con una soglia di sbarramento al 2%. Le liste sono bloccate, quindi entra in parlamento un numero di eletti proporzionale al numero dei seggi assegnati alla lista, che viene compilata o attraverso elezioni primarie interne ai partiti, o in base a nomine politiche delle segreterie, o, come nel caso dei partiti ultrareligiosi, attraverso la scelta effettuata dai leader spirituali.
Tutti i partiti per presentare le proprie liste alle elezioni devono iscriversi a un apposito registro. Secondo la "legge dei partiti" non possono presentarsi liste che, direttamente o indirettamente, avversino lo Stato di Israele come Stato ebraico e democratico. Liste che incitino al razzismo. Liste che sostengano la lotta armata di uno stato nemico o di un'organizzazione terroristica contro lo stato di Israele.
Si tratta di vincoli soggetti a diverse interpretazioni che per esempio sono state utilizzate da alcuni membri della destra per proporre al comitato elettorale di vietare ai partiti arabi di presentarsi alle elezioni. Il comitato aveva accettato la proposta. Il rischio di una pesante discriminazione è stato scongiurato da una sentenza della Corte Suprema. Il prezzo sono state fortissime polemiche e un'invocazione al boicottaggio elettorale che rischia di minare la legittimità delle elezioni.
Sono 5.278.985 gli aventi diritto israeliani, è probabile che meno del 60% di essi si rechi alle urne martedì prossimo. Dopo 50 anni di grandissima partecipazione al momento democratico, con una media dell'80 % di votanti tra gli aventi diritto, le elezioni del 2006 hanno visto la percentuale scendere vertiginosamente al 63 %, e queste elezioni non promettono niente di buono.
Secondo Elie Rekhess, direttore del programma Adenauer presso l'Università di Tel Aviv, tra il 1996 e il 2006 la percentuale di arabi israeliani che si sono recati alle urne è scesa di 21 punti percentuali, passando dal 77% al 56%. Le cause sono da identificare nella sensazione di non essere rappresentati dagli arabi eletti alla Knesset e in un atteggiamento di protesta nei confronti dell'establishment governativo. Sicuramente la guerra contro il Libano, e ancora di più l'ultimo attacco a Gaza non hanno fatto che acuire la spaccatura tra ebrei israeliani e arabi israeliani, che hanno vissuto soprattutto l'ultima guerra come un vero e proprio attacco al mondo arabo.
Inoltre leggendo gli editoriali di uno dei maggiori quotidiani del paese, Haaretz, si possono individuare due fenomeni che caratterizzeranno le imminenti elezioni.
Due fenomeni diversi, ma con cause comuni.
Da una parte un crescente disinteresse dei cittadini nei confronti del voto, dall'altra parte uno scivolamento dalla politica di centro di Kadima verso la destra del Likud di Netanyau, quando non verso l'estrema destra di Avigdor Lieberman. Razzista nei confronti degli arabi, sostenitore dello slogan "nessuna lealtà, nessuna cittadinanza". Secondo i parametri di Lieberman, per esempio, i refusnik, cioè gli israeliani che decidono di non prestare servizio militare, non sono leali nei confronti del paese e quindi non sono meritevoli di diritti.
Le fila dei nonvotanti sono costituite principalmente dai giovani, dai laici e dagli arabi. Le ragioni di questa scelta vanno identificate nel fatto che non trovano nessuno che li rappresenti, nella sensazione di non avere nessuna influenza sulle scelte del governo e nella percezione dei candidati come entità perfettamente interscambiabili. Il fatto che nessuno dei principali candidati sia una novità per la politica israeliana da agli elettori la sensazione di un continuo "gioco delle tre carte", con gli stessi nomi che si alternano di anno in anno senza nessun cambiamento.
Esiste inoltre un altro fronte di persone che non andranno a votare. Si tratta degli ebrei ortodossi anti-sionisti. Alcuni di questi non riconoscono lo Stato di Israele e rifiutano di prestare il servizio militare.
L'astensione non potrà che rafforzare i partiti più estremisti, in prima linea Ysrael Beiteinu, guidato da Avigdor Lieberman, che avrà un peso determinante nella coalizione di Governo, diventando di fatto l'ago della bilancia per la stabilità della coalizione di maggioranza.
Sono 33 le liste che si presenteranno alle elezioni. Con un sistema elettorale che se garantisce la rappresentatività anche alle più piccole minoranze certamente non è garanzia di stabilità. Occorrono 61 seggi alla Knesset per avere la maggioranza. Se il partito di Avigdor Lieberman diventasse il terzo partito di Israele potrebbe ottenere circa 14 posti, estremamente importanti per la governabilità e che non permetterebbero a nessuno dei vincitori di poterlo ignorare. Inoltre il leader estremista potrebbe ambire a un ministero "pesante", come la Difesa, gli Esteri o le Finanze.
Netanyau e Livni giocheranno un testa a testa fino all'ultimo il cui vincitore dovrà affrontare difficili passi per il processo di pace. Ma nessuno dei due rappresenta davvero qualcosa di nuovo rispetto a un passato costellato di guerre e violazioni dei diritti umani per la Cisgiordanie e la striscia di Gaza.
I sondaggi e le leggi elettorali in questo momento non guardano sicuramente verso la pace. Il "gioco delle tre carte" condiziona pesantemente la volontà dei cittadini di partecipare alla vita democratica del paese. Il 1° febbraio un articolo di Yossi Sarid delineava su Haaretz uno scenario pessimistico: "Tra i cittadini si vedono i primi segni dell'apatia. L'affluenza sarà piu' bassa del solito, i giovani non parteciperanno come sempre. Sono indifferenti e alienati, la colpa non è loro, ma delle politiche dei candidati. I partiti sono consumati e i candidati di seconda mano. Tutti sono stufi di votare il minore dei mali. Negli Stati Uniti il voto per Barak Obama è stata una scelta attiva, non passiva. L'apatia è l'ultimo passo prima della disperazione.
speciale partiti: http://www.peacelink.it/palestina/a/28630.html
Interessante: Gideon Levy su Haaretz, Lasciamo che sia Netanyahu a vincere
domenica 8 febbraio 2009
La Costituzione Filosovietica
Insomma, pare che questo Paese, senza rendersene conto, abbia da 61 anni una costituzione filosovietica, anche se non si capisce bene dove sia questa filosovieticità...
Forse nell'articolo 2:
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Certamente per il Presidente del Consgiglio anche l'articolo 3 deriva direttamente dalla Costituzione Sovietica (anche se a questo punto dovrebbe spiegare come mai un simile articoo sia presente anche nella Costituzione Americana...):
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Uhm... Forse a lui non piace molto la seconda parte, dell'articolo 3...
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Per non parlare dell'articolo 4, che quanto a filosovieticità probabilmente batte qualunque altro principio... E infatti viene puntualmente disatteso dai governi che aborrono i regimi sovietici...
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Che dire poi dell'articolo 7?
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.
Un caso lampante di articolo filosovietico...
L'articolo 8, poi, fa sentire il coro dell'Armata Rossa in sottofondo:
Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano.
I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.
L'articolo 9?
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
L'articolo 10 è un INNO alle usanze sovietiche:
L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.
La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge.
Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici.
Per non parlare dell'articolo 11:
L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
E forse, in luogo dell'articolo 12
La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni.
Berlusconi preferirebbe il logo del Biscione...
Ma continuiamo per gradi...
L'articolo 13 indubbiamente infastidisce il premier:
La libertà personale è inviolabile.
Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.
In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l'autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto.
È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà.
La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.
Tanto che per cercare di arginarne il pericolo di regime è stato costrettoa pensare a decreti legge che limitano le possibilità di azione della magistratura...
L'articolo 14 ha indubbiamente qualcosa di inquietante in quell'espressione: leggi speciali...
Il domicilio è inviolabile.
Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale.
Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati da leggi speciali.
Ma l'articolo 15 non lascia dubbi di sorta, e motiva tutte le preoccupazioni del premier di vivere givernato da un soviet supermo:
La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.
La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.
Lo stesso si può affermare senza timore di smentita per quanto concerne l'articolo 16:
Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche.
Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge.
Il diciassette è l'emblema dell'incapacità dei regimi sovietici di sopportare qualunque tipo di dimostrazione di dissenso:
I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi.
Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso.
Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.
Forse l'articolo 18 potrebbe infastidire ulteriormente un ex-piduista, dato il suo evidente carattere restrittivo (sovietico, meglio ancora...):
I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale.
Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.
Ma il 19 sembra davvero essere partorito da un uomo rispettoso delle usanze sovietiche:
Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.
Così pure il 20:
Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d'una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività.
E il 21 dimostra AMPIAMENTE da quale parte arrivi l'atteggiamento sovietico tanto paventato dal PResidente del Consiglio:
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo di ogni effetto.
La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.
E l'articolo 22 dimostra per l'ennesima volta che il regime imposto dalla costituzione è diabolicamente sovietico:
Nessuno può e.ssere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome.
Così come il 23:
Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge.
e il 24:
Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.
La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.
Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.
La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari.
Per ora mi fermo al 25, che ha per l'ennesima volta l'autentico carattere di provvedimento più che sovietico, stalinista:
Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge.
Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso.
Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge.
(per correttezza arrivo al termine della prima parte, di modo che ci si possa rendere conto fino in fondo quanto c'è di sovietico nella regolazioen dei diritti personali dei cittadini)
Art. 26.
L'estradizione del cittadino può essere consentita soltanto ove sia espressamente prevista dalle convenzioni internazionali.
Non può in alcun caso essere ammessa per reati politici.
Art. 27.
La responsabilità penale è personale.
L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.
Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
Non è ammessa la pena di morte.
Art. 28.
I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.
Però mi sorge il dubbio che Berlusconi, lungi dal voler criticare i pricipi fondamentali e la prima parte della costituzione, si stesse riferendo alla PARTE II, in cui viene trattato l'Ordinamento della Repubblica:
E qui, infatti, è EVIDENTE il carattere sovietico che ha preso il sopravvento in fase di discussione della nostra Costituzione, perché per trovare qualche riferimento al Presidente della Repubblica dobbiamo arrivare fino all'articolo 73, dove viene chiaramente indicata la sua funzione sovietica:
Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall'approvazione.
Se le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiarano l'urgenza, la legge è promulgata nel termine da essa stabilito.
Le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso.
Definita alla perfezione dall'articolo 74:
Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione.
Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata.
E nella definizione dei suoi compiti salta all'occhio questa evidente intromissione sovietica nella sovranirtà del governo:
Art. 88.
Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse.
Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.
Per non parlare di questa ulteriore dimostrazione stalinista:
Art. 89.
Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità.
Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ci sono prove evidenti del carattere sovietico della Costituzione Italiana, in questi articoli...
Ma se questo non bastasse, possiamo citare le parole di Carlo azeglio Ciampi, che deve avere intrapreso una battaglia sovietica contro il democratico presidente del Consiglio che tutti amiamo e veneriamo:
'Ma la Costituzione dice chiaramente che il Capo dello Stato emana i decreti legge, cioè li firma. Ebbene, questa firma non è affatto un atto dovuto. Il presidente della Repubblica deve essere convinto della necessità del provvedimento. Non può essere ridotto a uno spolverino, a un passacarte del governo. La sua firma deve essere un atto convinto, meditato. Non è affatto un visto. Rientra pienamente nei poteri che gli assegna la Costituzione'
Non c'è nulla da fare. Siamo davvero messi male...
(l'analisi del carattere sovietico della Costituzione continuerà nei prossimi giorni, anche se è lunga e rompe parecchio le scatole... Ma è necessario, dopo 61 anni, mostrare il grande inganno che ci ha governati con l'avallo dei nostri padri fondatori, tutti di provata fede comunista. Vedere De Gasperi per credere...)
Per leggere la Costituzione: http://www.quirinale.it/costituzione/costituzione.htm
Giuliana Dea
mercoledì 21 gennaio 2009
Obama Day a Times Square.
Non ho potuto farne a meno, sono dovuta andare a Times Square a guardare il giuramento del primo presidente di colore americano Barack Hussein Obama. La primissima cosa che mi ha colpito e' stata che tutti network l'hanno ribattezzato Barack H, come dire "non vogliamo disconoscere il tuo secondo nome, ma cerchiamo di renderlo un po' piu' bianco, indicando solo l'iniziale". Dopo George W. e' il momento di Barack H. non so che ne pensate voi, a me suona sempre meravigliosamente diverso.
A Times Square c'erano molte persone, comunque meno di quanto mi aspettassi, di sicuro il freddo ha giocato un ruolo importantissimo e ha convinto i piu' ad ascoltare il discorso in qualche bar o a casa propria. La cerimonia di per se stessa e' mortalmente noiosa, pero' ogni volta che la telecamera inquadrava Obama anche solo per un secondo, la folla cominciava ad urlare manco fossimo al concerto di Bon Jovi, e in prevalenza si sentivano gridolini femminili! C'era un'atmosfera di fraternita' strana fra di noi tutti intenti con il naso in su a cercare di afferrare quello che Obama stava dicendo con il sottofondo delle macchine che passavano, per fortuna ogni taxi o camion aveva la radio accesa sul discorso, quindi si poteva sentire quasi fosse in stereofonia. E non era importante di che colore fossimo e neanche di che nazionalita', considerando la percentuale altissima di turisti stranieri presenti, sapevamo tutti che il momento era solenne e che stavamo condividendo un'esperienza che rimarra' nella storia.
Barack H. era emozionato, ma, si conteneva presidenzialmente nelle espressioni, la moglie Michelle, invece, aveva uno sguardo sul viso che raccontava tutta la loro storia e tutta la loro vita. Era un incrocio tra l'orgoglio per il proprio uomo e la consapevolzza che vale sempre la pena lottare per raggiunegere uno scopo, anche se sembra fin troppo ambizioso. Lei ha l'aria di una che non smettera' mai di lottare. Brava Michelle!