giovedì 6 marzo 2008
Rassegna Stampa/ L'autodifesa delle donne indiane si chiama "Pink Gang"
tratto dal sito http://femminismo-a-sud.noblogs.org
Giustiziere in sari
Neeta Lal
Di fronte all’inazione delle autorità e alla violenza quotidiana che subiscono, donne prendono le armi e il loro destino in mano. Il sito di informazione Asia Sentinel, basato a Hong Kong ha incornato queste “Robin Hood” di un altro genere.
Il distretto di Banda, nello stato di Uttar Pradesh (a nord del paese), uno dei meno sviluppati dell’India, fa parlare di sé. È in questa regione che agiscono la Pink Gang (gang rosa), un gruppo di 200 donne che si presentano come le eredi di Robin Hood, Non esitano a rispondere alla violenza con la violenza. Puniscono gli omicidi di spose fatti a volte anche da suocere, le violenze dei mariti, e anche la corruzione o l’incapacità degli eletti.
Queste donne esuberanti e intrepidi, riconoscibili dai loro sari rosa, sono le nemiche numero uno dei mariti violenti e dei funzionari incompetenti. Avendo personalmente subito violenze sessuali, vanno a caccia di stupratori e mariti indegni, fanno la morale ai malfattori e invadono i posti di polizia per rimproverare gli agenti che non fanno il loro lavoro. Creato nel 2006 da Sampat Pal Devi, una donne di 45 anni costretta a sposarsi all’età di 9 anni e diventata madre quattro anni dopo, questo gruppo agisce come una banda di giustiziere nella zona senza diritto che è Banda.
“Qui, nessun* viene ad aiutarci. I funzionari e la polizia sono corrotti e ostili ai/alle pover*, Così, siamo a volte costrette a far rispettare noi la legge. Siamo una banda di giustiziere, no nuna gang” ha recentemente dichiarato la fondatrice del Pink Gang. Stanca della corruzione del sistema e le discriminazioni sociali di cui si rendono colpevoli le autorità (soprattutto nei confronti di donne, caste basse e intoccabili), Sampat Pal Devi ha deciso di passare all’azione dopo aver saputo che sua sorella era stata trascinata dai capelli nel cortile di casa sua dal marito alcolista.
Volendo “dare una lezione agli uomini colpevoli”, ha radunato donne del suo quartiere; il gruppo armato di bastoni, sbarre di ferro e una mazza da cricket, è andato a trovare il cognato, l’ha inseguito fino al campo di canna da zucchero e riempito di botte. Alcune azioni sono un successo. Ad esempio, il gruppo è riuscito a riportare a casa dei propri mariti undici ragazze che erano state buttate fuori di casa dalla suocera per dote non sufficiente.
In generale, gli indicatori di sviluppo umano del distretto sono bassissimi. Il tasso di alfabetizzazione delle donne giunge solo il 23,9% contro 50,4% per gli uomini; il ratio uomini/donne è di 846 donne per 1000 uomini, mentre la media dello stato è di 879 (a livello internazionale, il rapporto è inverso: 105 femmine per 100 maschi).
La violenza coniugale è una strage, l’arretratezza delle donne è rinforzata dal peso del sistema delle caste. Ma la Pink Gang se la prende non solo con mariti che maltrattano le mogli perché non riescono a dar loro figli, ma anche con i funzionari che si arricchiscono vendendo al mercato nero cereali sovvenzionati dallo stato e normalmente destinati ai/alle più pover*.
Mentre le risorse naturali del distretto potrebbero normalmente garantire mezzi di sussistenza a tutté gli/le abitanti, vengono saccheggiate da un piccolo numero di loro in totale impunità perché le autorità locali chiudono gli occhi su queste pratiche. In alcuni villaggi, i/le contadin* non vengono nemmeno pagat* e ricevono solo un chilo di cereali al giorno di lavoro. E il numero di lavoratori/trici ridotte alla schiavitù è altissimo.
Secondo alcuni sociologi, l’unica speranza per questa parte della popolazione spogliata e disprezzata sta nei movimenti collettivi come la Pink Gang. Anche se il gruppo non ha una sede, le sue membre si riuniscono regolarmente a casa della fondatrice per discutere dei casi da trattare e della strategia da adottare.
L’apparizione di una milizia di donne nel distretto di Banda è il sintomo di gravi problemi sociali che attraversano la società indiana. “Quando gli eletti rifiutano di rispondere alle richieste dei/delle cittadin* ordinari” osserva Prerna Purohit, sociologo di New Delhi, “quest* non hanno altra scelta che prendere le cose in mano per se stess*. È un colpo di intimazione per il governo della più grande democrazia del mondo.”
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