lunedì 9 giugno 2008

Open Roads. New Italian Cinema. Intervista a Gianni Zanasi.

di Elena Maria Manzini da New York

Gianni Zanasi e’ il regista del film “Non pensarci”, recentemente distribuito nelle sale italiane e interpretato da Valerio Mastrandrea, Anita Caprioli e Giuseppe Battiston. Il film narra le vicende di un musicista piu’ che trentenne (Mastrandrea) che trovandosi ad un punto morto nella sua vita professionale e personale decide di tornare a casa dai genitori per un breve periodo. Scoprira’ che nulla puo’ essere dato per scontato.

EMM. Questa manifestazione e’ una vetrina importante per il tuo lavoro. Ti piacerebbe lavorare negli Stati Uniti?
GZ. Si’, ma non so quanto piacerebbe agli Stati Uniti.... E’ come per un giocatore di calcio africano venire a giocare in Italia, una cosa simile prova un regista italiano che viene in America. In piu’ io e altri registi italiani siamo portatori di una cultura mediterranea e abbiamo un modo di lavorare che a volte esce dagli schemi: il primo impatto sarebbe strano.

EMM. Pero’ allo stesso tempo e’ interessante mischiare la cultura italiana con la forza dell’industria cinematografica americana...
GZ. E’ vero, e’ importante nell’arte del cinema inserire il business e l’industria altrimenti non puo’ funzionare. Tra i motivi per cui il cinema americano mi attrae ci sono anche la forza, la professionalita’ e la dinamicita’ della sua industria.

EMM. Chi sono gli attori americani che ti piacerebbe dirigere?
GZ. Al Pacino. Penso che piu’ che altro starei a guardarlo e prenderei appunti. Ecco non vorrei dirigere Al Pacino, ma solo prendere appunti mentre recita!

EMM. Cosa c’e’ di autobiografico nel tuo film “Non pensarci”?
GZ. Prima di tutto vengo da Vignola che e’ il paese delle ciliege e mi sono trasferito a Roma per fare l’artista. Quella dell’artista e’ una carriera dinamica, a volte sei sotto e a volte sei sopra, il mio protagonista e’ in un momento in cui e’ decisamente sotto e so cosa vuol dire. Piu’ che altro pero' mi ha divertito prendere spunto dalle vicende personali per creare immediatamente dei personaggi che sono piu’ interessanti e piu’ eccitanti di me. I miei personaggi sono fuori di me e quando li racconto, e’ come salire su un treno, comincio un viaggio.

EMM. Valerio Mastrandrea e’ perfetto nel ruolo di Stefano. Avete pensato a lui dal principio?
GZ. No, abbiamo fatto dei provini e quando Valerio si e’ presentato per la parte ho capito che lui era Stefano. Al provino ha portato una sua interpretazione del personaggio che era molto vicina a quella che avevo in mente io mentre scrivevo. Per cui quando abbiamo lavorato insieme e’ stato come continuare a scrivere il film insieme.

EMM. Mi puoi parlare della musica che accompagna le immagini del film. Come l’hai scelta?
GZ. Sembra strana perche’ se la stendi su un foglio assomiglia ad una specie di frittura mista: buona, ma un po’ confusa. Vedendo il film, pero’ tutto avviene con grande naturalezza. Ho scelto le musiche con la montatrice, Rita Rognoni, senza seguire degli schemi logici. Se avessi seguito degli schemi logici avrei messo una musica punk non mi sarebbe mai venuto in mente di mettere la Traviata di Verdi, invece ho seguito un andamento piu’ legato al sentimeno del film senza darmi delle regole preconcette, con liberta’ mentale. Questo modo di procedere ha riempito il film di un moto di sorpresa che non e’ destabilizzante, ma che diventa comunicativa.

EMM. Cosa significa per te il titolo del film “Non pensarci”?
GZ. Non significa “fregarsene” e prendere le cose con superficialita’. Quello che succede al protagonista del film e’ l’opposto, scopre che crescendo si vivono delle disillusioni, ma non e’ un percorso depressivo e’ la scoperta delle variabili della vita. Puo’ causare disagio e dolore, ma allo stesso momento e’ estremamente eccitante perche’ la vita e’ qualcosa che si trasforma. “Non pensarci” e’ un consiglio detto sottovoce: anche se accadono cose che non ti aspettavi, non pensarci, vai avanti perche’ la vita e’ una figata.

EMM. Nel tuo film dimostri che la famiglia italiana anche se ha a che fare con le sfide della vita moderna, il fallimento, la separazione, un figlio con un lavoro atipico, un figlia che puo’ essere gay, e’ sempre il centro a cui ci si rivolge quando si hanno dei problemi.
GZ. La famiglia e’ sempre un centro di gravitazione. Si deve stare attenti pero’, come accade per i pianeti se un pianeta si avvicina troppo viene assorbito. L’importante e’ riuscire a trovare una propria traiettoria senza perdere il centro. Quando trovi una tua traiettoria e rimani nel campo di gravitazione che e’ la tua famiglia allora puoi dire di avere una famiglia, altrimenti vieni inghiottito dalla famiglia.

EMM. Cosa visiterai a New York?
GZ. Non voglio visitare le zone tipiche. Voglio andare a vedere Brooklyn, il Bronx, ma anche fare un giro in carrozza a Central Park.

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