venerdì 13 giugno 2008

Open Roads. New Italian Cinema. Intervista a Jasmine Trinca.

di Elena Maria Manzini da New York
domande di Elena Maria Manzini e Diletta Gatti

Carissimi lettori Rosa Shokking,
di seguito l’intervista a Jasmine Trinca venuta a presentare il film "Piano Solo" di Riccardo Milani. Il film interpetato magistralmente da Kim Rossi Stuart ripercorre la tormentata vita del jazzista Luca Flores. Jasmine ha colpito il grande pubblico con la sua interpretazione nel film “La stanza del figlio” di Nanni Moretti e grazie ad intelligenti scelte di ruoli ha dimostrato di essere una delle piu’ interessanti e sensibili giovani interpreti italiane.

EMM. Quanto e’ cresciuto all’estero il livello di attenzione nei confronti del nuovo cinema italiano anche grazie a manifestazioni come questa e ai successi dei nostri film nei grandi festival internazionali?
JT. Io credo che l’attenzione nei confronti del cinema italiano sia sempre presente e viva. Manifestazioni come Open Roads qui a New York, ma io ho avuto la fortuna di andare anche a Tokio e a Shangai a presentare dei film, sono importantissime perche’ spesso si va su dei mercati dove la possibilita’ di vedere dei film di lingua straniera e’ quasi ridotta al nulla. In Cina per esempio entrano solo dei film americani, per una piccola percentuale, e francesi. Quindi l’idea non solo di promuovere, ma anche tutelare, di creare l'ooportunita' per qualcuno che non stia in Italia di vedere un film italiano mi sembra una buona forma di politica del cinema.
Oltretutto, si deve fare conoscere il cinema italiano attuale anche per tentare di andare oltre una leggenda che era il cinema italiano di qualche tempo fa. Cosi’ si da’ fiducia ai nostri cineasti e nascono film cone “Gomorra” o “Il divo”, per parlare di Cannes, dove critica e pubblico sono d’accordo. Non so se si puo’ parlare di una rinascita del cinema italiano, ma almeno il tentativo si deve fare.
Gli organizzatori di Open Roads mi dicono che i biglietti sono tutti esauriti, e’ la dimostrazione che se lo si propone la proposta viene accettata.

EMM. Ti piacerebbe lavorare negli Stati Uniti?
JT. Lo sanno fare loro il cinema! Mi piacerebbe molto perche’ mi piace conoscere modi diversi di lavorare e di pensare. Ho finito da poco di girare un film francese in Israele ed e’ stato uno sconvolgimento. Pero’ devo dire che gia’ e’ difficile lavorare ed essere seri nel paese in cui nasci, la cui lingua pratichi da quando sei nato, per venire a fare un film in America non e’ solo la questione di sapere l’inglese perfettamente, il livello del tuo lavoro deve essere eccellente. Ci sono tanti attori americani molto bravi...

EMM. Quali sono le attrici americane che rispetti particolarmente dal punto di vista professionale?
JT. Io non ho alcun preconcetto verso il cinema americano che sia spettacolare o indipendente, gli attori di scuola americana sono tutti di livello alto. In piu’ Hollywood raccoglie tutti gli attori di lingua inglese. Mi piace Cate Blanchett che viene dall’Australia, ma lavora ad Hollywood, mi piace Julianne Moore, ci sono tante attrici che vengono dall’Inghilterra, quindi sono di scuola europa che sono piu’ che dei modelli...Io per decenza non mi rifaccio a nessuno.

EMM. Ci vuoi parlare del tuo progetto francese?
JT. Io ho avuto la fortuna di aver fatto dei film in Italia che sono stati visti molto in Francia. Ho conosciuto il regista Alain Tasma, che e’ stato assitente per molti anni di Truffaut e Godard, e mi ha chiamato per il suo primo lungometraggio ambientato a Gerusalemme. Sono stata due/tre mesi in Israele e oltre all’eseperienza di fare un film in lingua straniera, infatti abbiamo girato in ebraico, francese, inglese e per fare folklore anche in italiano, la vera esperienza e’ trovarsi in quella zona del mondo. Devo confessare di essermi vagamente lasciata distrarre dalla questione della terra invece che concentrarmi sul fatto che stavamo girando un film meraviglioso.

EMM. Nel film di Milani, interpreti la fidanzata di Luca Folres, un famoso jazzista. Che rapporto hai con la musica?
JT. La musica ha avuto nella mia crescita una presenza fondamentale. Quando uno si forma deve avere delle possibilita’ per la propria mente, per la propria sensibilita’ di svilupparsi anche attraverso la musica e io ho avuto una mamma che sentiva sempre musica in casa, anche musica rock.
Nel caso di Luca Flores, il suo nome e la sua faccia non mi dicevano molto perche’ e’ un grandissimo musicista, ma in Italia e’ conosciuto solo degli addetti ai lavori. Quando ho sentito la sua musica, in fase di preparazione, c’e’ stato qualcosa di famigliare che mi ha riportato alla mia infanzia e credo di essere entrata in contatto con la sua musica. Penso che fosse cio’ che piu’ importava a Flores: anche se non dai una faccia e un nome ad un artista il suo lavoro ti deve lasciare qualcosa.

EMM. Qual e’ il ruolo delle donne, di voi attrici, nel cinema italiano?
JT. Credo che sia una domanda interessante e urgente, io spero che non ci sia bisogno che in Italia arrivi Almodovar per proporre dei ruoli femminili che a me piacerebbe raccontare. Non e’ questione di essere protagoniste di una storia, spesso il problema in Italia riguarda la scrittura e la presenza di figure femminili che sono solo un compiendio o un racconto per una figura maschile. Io credo invece che l’universo femminile sia molto complesso e anche per un regista, che in Italia sono per la maggior parte uomini, sia interessante provare a raccontare il mondo femminile. Senza partire da una presa di posizione, ma solo per raccontare qualcosa che c’e’ e che non e’ per forza solo la madre, la moglie, in alcuni casi l’amante e la sorella. Come ho detto, mi piacerebbe che ci fosse un interesse a partire dalla scrittura sui ruoli femminili e forse questo aiuterebbe tutte noi giovani attrici, che siamo ancora chi piu’ e chi meno immature, a sviluppare una consapevolezza sia nell’interpretazione che nella nostra crescita di donne.

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